​Ultima indagine: ramo alberghiero sempre più in crisi

L’ondata di licenziamenti nel ramo alberghiero avanza senza sosta. Lo dimostrano gli ultimi dati della valutazione della situazione. Per le aziende, le misure più urgenti da adottare nei prossimi mesi sono gli aiuti per i casi di rigore e il tasso zero garantito sui crediti COVID. Il lavoro ridotto, il blocco degli investimenti e la riduzione delle capacità aziendali restano strumenti importanti a garanzia della liquidità. Cresce però la richiesta di lavoro ridotto. Viste le prospettive cupe, serve una dichiarazione del governo a sostegno della stagione invernale.

Dall’ultima indagine di HotellerieSuisse è emerso che la situazione del ramo alberghiero si aggraverà ulteriormente nei prossimi mesi. È già in corso un’ondata di licenziamenti.

Il che dimostra un fatto: che alla prima fase della pandemia, di per sé già devastante, ne è seguita un’altra che sta travolgendo in pieno il settore della ricettività. Per questo HotellerieSuisse chiede al Consiglio federale di esprimersi quanto prima a sostegno della stagione invernale. Secondo l’associazione, occorre inoltre una rapida attuazione degli aiuti per i casi di rigore sotto forma di contributi a fondo perduto per scongiurare sciami di fallimenti.

Tutte le regioni in sofferenza, soprattutto le città

Le previsioni per la stagione invernale sono allarmanti. Tutte le regioni pronosticano infatti una contrazione degli affari rispetto all’anno scorso – con un’aggravante: dall’indagine del settembre 2020, le previsioni per i prossimi mesi sono diventate notevolmente più cupe (zone alpine: 76% vs 56%; zone rurali: 89% vs 57%; zone urbane: 95% vs 90%). Le aziende alberghiere di città continuano a soffrire più di tutte altre. Nel comparto è il 95 percento a preventivare infatti una flessione degli affari rispetto all’anno precedente.

Continua l’ondata di licenziamenti

Il numero preoccupante dei licenziamenti previsti continua a crescere senza sosta. Gli alberghi urbani metteranno alla porta il triplo del personale rispetto agli alberghi delle regioni alpine (53 % vs 18%) e quasi il doppio rispetto a quelle rurali (53% vs 33%). La drammaticità della situazione si ripercuote anche sui prezzi. Il 66 percento degli alberghi di città, ad esempio, sarà costretto a ridurre i suoi prezzi nei prossimi mesi. Nelle zone alpine è invece il 21 percento degli alberghi a dover ricorrere a questa misura drastica. A questo stato di cose concorrono varie cause, tra cui la scarsa occupazione dovuta al calo della domanda estera e il crollo totale del turismo business.

Le misure più urgenti: aiuti per i casi di rigore e tasso zero

Per le aziende intervistate, le misure di sostegno più importanti sono gli aiuti per i casi di rigore in caso di perdite di fatturato di almeno il 40 percento e la concessione del tasso zero garantito per tutto il periodo di rimborso dei crediti COVID. Per implementare la regolamentazione dei casi di rigore in modo rapido e mirato, il Parlamento dovrebbe fare a meno di adeguamenti in grande stile nella sessione in corso e approvare invece un’attuazione che riprenda ampiamente la proposta del Consiglio federale. Dovrebbe poi spettare ai cantoni garantire una liquidazione degli aiuti in tempi brevi.

Sale la probabilità di fallimento

Quanto siano urgenti le misure di sostegno lo evidenziano i dati più recenti. Da essi emerge infatti che il ramo ricettivo percepisce un rischio di fallimento notevolmente più elevato di quanto pronosticato nelle ultime indagini. Mentre a settembre circa il 6 percento (giugno: 3%) delle aziende alberghiere vi si riteneva esposto con una probabilità pari o superiore al 61 percento, a fine novembre il dato è salito all’8 percento. Se tra gli alberghi di città il valore è sceso leggermente rispetto a settembre (dall’11% al 9%), la quota degli alberghi urbani che si reputano a rischio di fallimento con un probabilità di almeno il 41% è schizzata al 27% (+18%). I dati rilevano che il rischio di fallimenti a tappeto è più reale che mai.

Più lavoro ridotto e stop agli investimenti

La quota delle aziende che dovranno ricorrere al lavoro ridotto è molto alta in tutta la Svizzera. Il 77 percento degli intervistati, ad esempio, afferma che vi farà ricorso nei prossimi sei mesi (+11% rispetto all’indagine di settembre). Tra gli alberghi di città, il valore arriva persino all’88 percento. I problemi di liquidità dovuto alla crisi da coronavirus si assestano ma restano considerevoli: due terzi delle aziende alberghiere (67%) dichiarano tuttora che rinvieranno nei prossimi sei mesi gli investimenti previsti. Inoltre, il 46 percento delle imprese afferma che dovrà ridurre le proprie capacità aziendali nei prossimi mesi, il che segna un aumento di 7% rispetto all’ultima indagine.

Misure mirate per salvare la stagione invernale

Viste le previsioni a tinte fosche per il ramo, è imperativo consentire lo svolgimento della stagione invernale – ovviamente nel rispetto di severe misure di sicurezza. A tal fine, è imprescindibile impiegare nel settore test rapidi di diagnosi a tappeto, riducendo o evitando così la quarantena in caso di esito negativo. Inoltre, HotellerieSuisse chiede al Consiglio federale di esprimersi a sostegno della stagione sciistica. Chiediamo inoltre di consentire le tanto necessarie attività legate alle festività definendo degli adeguamenti mirati. HotellerieSuisse continua a battersi, ad esempio, per far sospendere l’ora obbligatoria di chiusura per gli ospiti degli alberghi nel periodo di Natale e Capodanno, per rendere flessibile il limite di 4 persone per tavolo e per consentire le manifestazioni di artisti professionisti nella zona ristorazione in presenza di più di 50 persone. In caso contrario, sussiste il rischio che gli ospiti si trattengano e festeggino sempre più in locali privati dove le misure di protezione sono (o possono essere) difficilmente attuate e controllate.

L’indagine è stata eseguita da HotellerieSuisse dal 24 al 27 novembre 2020. In questo lasso di tempo, circa 450 dei suoi soci hanno risposto a varie domande sull’attuale situazione.